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2012 – EA – Scongeliamo il sentierone


L’evento | Provocazioni progettuali attorno a un tavolo……….
Un tavolo grezzo da cantiere, 2,00 x 2,50 m, una manciata di sgabelli, stampe ed immagini, video, pennarelli, matite, una lampada accesa, una scultura, giochi di luce, messaggi, suggestioni; tutt’intorno la città, i cittadini, l’architettura, l’arte: è il manifesto della serata, l’effigie di un evento, sino ad oggi unico nella realtà bergamasca, intriso di provocazione e permeato di poesia.
Il tema discusso è arduo, scomodo, quasi ostico ma, nel contempo talmente essenziale da divenire argomento nodale e dibattuto in secoli di manualistica e letteratura sociale, politica e architettonica.
SCONGELIAMO IL SENTIERONE!!
Scongelare il Sentierone quindi, non solo una metafora necessaria per colpire l’attenzione o per far breccia destando curiosità no, scongelare il Sentierone diventa, in questo contesto, sinonimo di rivitalizzazione del centro urbano, re- impossessamento di spazi perduti, riscoperta di ambienti smarriti nella modernità e quotidianità, rivalutazione insomma, delle potenzialità insite nel cuore della Città che vuole essere intesa, in questa sede, nella sua accezione più propriamente nobile e culturale del termine.
Gli strumenti sono quelli propri dell’architetto: tavoli, disegni, immagini, suggestioni, ma di architetti tra gli intervenuti, ce n’erano pochi. Una provocazione, un modo nuovo di affrontare il tema che fa del coinvolgimento della città – dei cittadini – un presupposto, una necessità.
Da questa forma inconsueta e più moderna di vedere e analizzare il problema, trapela l’importanza che a condividere idee e riflessioni siano chiamati in primis i cittadini nella loro qualità di fruitori ultimi del prodotto architettura e, per questo, primi interessati alla gestione del processo di modificazione urbana.
E la risposta della gente è stata propositiva, un ulteriore motivo di riflessione, una nuova provocazione. La Città vecchia è cambiata,
si è evoluta e la nuova, assurgendo al ruolo di protagonista, dimostra di essere finalmente pronta ad assumersi, dopo anni di forzata quiescenza, la sua quota parte di responsabilità nelle scelte concernenti il proprio futuro.
IL DIBATTITO
Lo stimolo, nel senso vero del termine, è lanciato sul tavolo dalla Proprietà. Due immagini: il cubo di vetro dell’Apple Store di New York e la Piramide vitrea al Louvre. Fotografie di moderne architetture, sovrapposte con malcelata casualità alle planimetrie del fossilizzato centro cittadino di Bergamo bassa.
Il contrasto è stridente, la provocazione è forte; come un punto interrogativo impresso sul muro, un obiettivo da raggiungere, una domanda a cui rispondere.
Il dibattito che ne scaturisce è omnicomprensivo e spazia a tutto campo toccando i temi più vari: Architettura, Arte, Cultura, Commercio, Mobilità, Politica, Storia, Stratificazione, Sviluppo, Teatro, Urbanistica, Viabilità.
I punti di vista si alternano, contrapponendosi ed appoggiandosi l’uno all’altro senza soluzione di continuità, quasi a tessere le fila di un discorso che apparirà, solo nelle conclusioni, univoco e articolato al contempo.
Nel tempo in cui la scultura di ghiaccio si avvia al disgelo, svelando per sequenza d’attimi il prezioso contenuto, i temi proposti vengono trattati, svelando per fasi le loro suggestioni agli uditori.
L’origine come detto è il Centro Piacentiniano, oggi di proprietà dell’Immobiliare della Fiera che, dopo oltre cent’anni, torna a porsi al centro del dibattito architettonico cittadino, alla stessa stregua di quanto successe nel 1907 allorquando il Sentierone, e la vecchia Fiera di Sant’Alessandro, divennero oggetto di discussione, provocazione e riflessione. Allora però, la Città passivamente rimase alla finestra ad ascoltare chi, per suo conto, avrebbe preso scelte fondamentali capaci di condizionarne l’evoluzione urbana, sociale e civica per i secoli a venire.
I risultati, oggetto dell’odierno dibattito, sono sotto gli occhi di tutti: un Centro civico sofferente, ingessato nella sua forte identità monumentale, congelato in un immobilismo evolutivo frutto di decenni di conservatorismo e mancata lungimiranza, cristallizzato in un blocco di ghiaccio.
Come ridargli vitalità, come scongelarlo?
Senza mai scendere nel dettaglio, senza mai modificare la scala d’intervento, di idee sul tavolaccio ne sono state messe tante, tutte valide e tutte, in base ai punti di vista, motivate e giustificabili.
Comune è il proposito di dare nuovo valore agli edifici monumentali intervenendo sull’arricchimento funzionale delle sedi e delle attività commerciali, per esempio anche per mezzo di una stratificazione di funzioni – e di nuove strutture – capaci di instaurare col contesto storico, e storicizzato, rapporti forti di mutua dipendenza. Il disegno spaziale completato con la riorganizzazione urbana dell’intorno è così riconsegnato alla cittadinanza.
È nell’ambito di questa proposta che rientrano le suggestioni dei dehors sul Sentierone. Scatole di vetro, da bandire per concorso pubblico, che si pongono a cavallo del passeggio Bergamasco in trasparenza, quasi a voler scomparire, a non voler pesare. La funzione è duplice: aumentare lo spazio commerciale delle attività a loro prossime e nobilitare, con la riproposizione all’infinito di architetture “effimere”, la percezione del Sentierone soprattutto in occasione degli eventi calendarizzati dall’Amministrazione Comunale. Sempre in quest’ambito, l’edificazione nel perimetro del quadriportico di un box vetrato è una sfida storicistica, un’ennesima provocazione, la cui funzione è variabile: ennesimo contenitore di attività commerciali o incubatore di sperimentazioni culturali da porsi, per esempio, in stretto contatto con il prospiciente Teatro Donizetti. All’architettura per aggiunte si contrappone l’architettura per sottrazione che mira, cioè, a riutilizzare spazi già esistenti e oggi non valorizzati.
Il Centro Piacentiniano è colmo di sorprese. Oltre la sua apparente immobilità, al di là del suo aspetto monumentale
ingessato da decenni d’incomprensione, vi sono potenzialità solo apparentemente nascoste. Un esempio lampante è il sotterraneo dell’ex albergo diurno, prima rifugio antiaereo, che con i suoi quasi mille mq di superficie si offre oggi all’attenzione del dibattito con mutate potenzialità di riuso. In questo senso solo proposte: alcune suggestive, altre utopistiche, molte affascinati, tutte stimolanti. Il tema, per il momento, è solo rinviato.
Tra i concetti basilari passati sul tavolo c’è anche la contrapposizione netta, forte, tra la permeabilità al piano terra degli edifici piacentiniani e l’impermeabilità di alcune funzioni presenti nell’area. Poiché, come detto, la rivitalizzazione del Centro non può prescindere da un re-impossessamento dello stesso da parte dei cittadini, primi fruitori delle funzioni in esso contenute e oggi grandi assenti, è evidente come sia necessario procedere con un’attenta cernita delle attività pubbliche insediate, o insediabili.
Nuovi e ricercati ristoranti, attività commerciali luxury, centri di sperimentazione culturale, spazi teatrali in connessione ed appoggio al Donizetti, cinema, scuole di musica, centri relax, ma anche parcheggi sotterranei, spazi espositivi, il tutto da contrapporre ad impermeabili attività oggi presenti quali, per esempio, enti, banche ed uffici.
I segni grafici, come le parole spese, si susseguono ininterrotti tracciando il senso del dibattito, disegnando logiche sospese tra geometrie architettoniche ed equilibrismi dialettici. I temi trattati, sviscerati nei dettagli più intimi, fermano come singoli fotogrammi di un filmato, il documento di una serata. Solo un punto interrogativo, ancora impresso sul muro, è testimone della complessità del tema.

 



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